Regia: Cédric Klapisch
Cast: M. Barbeau, H. Shechter, D. Podalydès, M. Robin, P. Marmaï
Élise è un’étoile, ha ventisei anni, una fede salda nella danza e un fidanzato volubile. Turbata dal tradimento del suo compagno cade in palcoscenico, rovinosamente. Il referto medico è crudele e mette in pausa la sua carriera. Riposo forzato per due anni. Tradita dal suo corpo e da chi ama è pronta a rinunciare e a seguire un’amica e il suo compagno, cuochi itineranti, in Bretagna. Insieme preparano i pasti per una maison di artisti che ospita per una stagione un coreografo israeliano e la sua compagnia. Tra legamenti e (nuovi) legami, per la ragazza si delinea un nuovo orizzonte. Un nuovo ritmo, elettrico e tribale, ancorato alla terra e al territorio.
Fagocitati da storie di gelosia e rivalità, nevrosi e rapporti psicotici dell’interprete col proprio ruolo, i “film di danza” dimenticano sovente di raccontare la passione, l’amore per l’arte o la felicità inaudita che deriva dal controllare un gesto e un corpo che si fa veicolo di emozioni. Ed è esattamente questa esultanza fisica che magnifica Cédric Klapisch, ponendo lo spettatore in posizione attiva fin dai “primi passi”. Si apre su una lunga sequenza che avanza tra scena e quinte, senza parole e senza elementi drammatici, solo note che conducono direttamente alla protagonista, giovane étoile impegnata ne “La Bayadère”. Come se il regista facesse eco alla bellezza pura della disciplina prima di introdurre il suo racconto. Il regista coglie la danza in volo, un attimo prima che la sua eroina precipiti dal cielo e nella disperazione. Il corpo spezzato con la caviglia. Da quel momento il film scende dal palcoscenico e dalle punte per riparare fuori porta, dentro un paesaggio rurale e orizzontale. Quello che interessa a Klapisch è il processo di ricostruzione e il passaggio tra due mondi, la danza classica e quella contemporanea, che alcuni giudicano inconciliabili. L’autore, rinnova il suo amore per la danza, l’affida questa volta alla fiction provando a schivare il positivismo a oltranza e facendo onore alla bellezza e all’utilità dell’arte. E per una volta la danza non è trattata attraverso il filtro della competizione esacerbata ma attraverso il piacere di chi la pratica, una vocazione ardente piuttosto che un martirio. Alternando momenti leggeri e momenti gravi, scene
collettive e intervalli intimi, La vita è una danza cattura i movimenti coreografici ed esistenziali con una vivacità formidabile, complice un cast ispirato. Il tema della caduta e della risalita non è nuovo, ma Klapisch lo assume con candore, trasmettendo allo spettatore una concezione diversa del virtuosismo, basato sulla frangibilità e lontano dal corpo glorioso e altamente performante in cui i ballerini sullo schermo sono ancora imbrigliati. Cédric Klapisch lascia campo libero alla danza meno codificata e più viscerale e astratta di Hofesh Shechter, coreografo israeliano che interpreta se stesso e il suo “gesto di fabbrica” che ha il piacere come forza motrice.
04/05/2023
08/05/2023
- Giovedì: 18.30 - 21.15
- Lunedì: 16.00 - 18.30 - 21.15
Commedia/Drammatico
117 minuti
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