PALAZZINA LAF

Regia: Michela Riondino
Cast: M. Riondino, E. Germano, V. Scalera, D. Fortunato, G. D’Addario

Trama

1997. All’ILVA di Taranto è appena avvenuta l’ennesima morte sul lavoro, ma Caterino Lamanna, operaio addetto ai lavori di fatica nell’industria siderurgia, è pronto a dare la colpa ai sindacati. Caterino è un cane sciolto che pensa al suo imminente matrimonio con la giovane albanese Anna e si fa i fatti suoi, finché Giancarlo Basile, dirigente dell’ILVA, non lo recluta per “farsi un giro e dirgli quello che succede” in fabbrica, e resoconti in particolare le attività del sindacalista Renato Morra, che infiamma gli animi degli operai e li spinge alla ribellione. Basile offre a Lamanna la promozione a caposquadra e l’auto aziendale, ma Caterino chiede di essere mandato alla Palazzina Laf pensando che sia un luogo di privilegio riservato a pochi eletti. In realtà è un edificio in disarmo, incrocio fra una riserva indiana, un manicomio e una prigione, dove sono rinchiusi in orario di lavoro i dipendenti qualificati che hanno fatto l’onda, e che quindi sono invitati a licenziarsi o ad accettare un incarico demansionato e incoerente con la loro preparazione.

Recensione

In “Palazzina LAF”, esordio alla regia di Michele Riondino (tarantino di nascita e ai tempi degli eventi raccontati dal film nemmeno ventenne), ci sono una rabbia, una foga, un senso d’ingiustizia e insieme di rivalsa che fanno del film un oggetto piuttosto singolare. Ad avvicinare il film al modello di Petri è soprattutto lo stile, che è nervoso, isterico, talvolta frettoloso, con le musiche tonitruanti di Teho Teardo a creare atmosfere da thriller o da macabra fiera di paese (molto bello l’inizio con il funerale di un operaio intervallato dai mosaici di una chiesa che esaltano il lavoro in fabbrica) e la deformazione violenta dei rapporti umani (tra capi e lavoratori, sindacato e assistiti, operai e nullafacenti) a spingere verso la caricatura grottesca di un mondo in decomposizione. È evidente che per Riondino – regista, attore, anche sceneggiatore con Maurizio Braucci – si tratta di fare i conti con la propria città, con il proprio retroterra e la propria storia, sia privata che collettiva: il suo personaggio di delatore ottuso, significativamente e un po’ didascalicamente lasciato senza redenzione, è il prodotto di un sistema, è colpevole e insieme inconsapevole, con un passato da sfruttato, un presente da verme e un futuro uguale in tutto e per tutto a ciò che è venuto prima, solo più solo e disperato. Come gli stabilimenti dell’Ilva, del resto, un gigante che, come dice uno dei protagonisti del film, l’ingegnere umiliato Aldo (Michele Sinisi), «produceva la ricchezza per altri», lasciando ai lavoratori solamente la merda.

Data

23-05-2024
27-05-2024

Orario

- Giovedì: 18.30 - 21.15
- Lunedì: 16.00 - 18.30 - 21.15

Genere

Commedia

Durata

99 minuti

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